Veronica Montanari Veronica Montanari

“Il risveglio dei sogni”

Tutti sogniamo, alcune persone di più, altre di meno, ma tutti sogniamo. Ma cosa ce ne facciamo poi di questi sogni?

Tutti sogniamo, alcune persone di più, altre di meno, ma tutti sogniamo. Ma cosa ce ne facciamo poi di questi sogni?

Cosa succede dopo che suona la sveglia? Con quella stessa sveglia che da inizio alla tua giornata, che cosa è che sta davvero cominciando ?

Ci alziamo dal letto, laviamo la faccia, spazzoliamo i denti, gabinetto, vestirsi, colazione e poi?

E poi arriva il momento in cui le cose iniziano a differenziarsi per ognuno di noi. Quando ci troviamo di fronte alla porta, la attraversiamo e ci tuffiamo nelle nostre singole realtà. Come se ognuno di noi si muovesse in universi differenti, con tempi e spazi diversi. Prima della porta bene o male tutti quanti possiamo compiere le stesse azioni, ma è dopo la porta che le storie hanno inizio. Dove ci porta questa porta?

Il numero di scenari possibili è talmente vasto, ma ne serve solo uno per renderci felici, una sola è dunque la porta da attraversare.

La mia è scura, perché fuori è ancora buio. Sono le 5.20 del mattino. Esco, cerco la luce e alzo lo sguardo verso il cielo della Namibia, mandando il buongiorno alle stelle. I miei passi sulla ghiaia sono l’unico rumore che si sente. Ma presto il suono di zoccoli che battono sul terreno si infila tra la quiete mattutina, accompagnato da nitriti e sbuffi dei cavalli. Sono trentaquattro gli animali che stanno aspettando di varcare il cancello e tuffare i loro musi nel mangime.

Impazienti e strepitanti, l’unica cosa che hanno in testa è la colazione. Apro il cancello e scatta il caos: schegge di circa mezza tonnellata corrono e si disperdono tra le feeding box, intrecciandosi e districandosi come danzatori di un balletto frenetico che termina solo quando ogni singolo animale ha raggiunto il proprio pasto. Solo ora cala il silenzio, il sipario si chiude e si apre l’attesa prima del arrivo del secondo atto, quello in cui noi, umani, armati di cavezza e longhina, “accalappiamo” i cavalli che ci servono per la passeggiata con gli ospiti.

Ecco che le danze si riaprono e il caos sperpera di nuovo, ma capita alle volte che durante questi momenti di confusione venga sorpresa da piccoli doni mattutini: episodi magici in cui  gli occhi di certi cavalli diventano arancioni mentre la luce del sole si riflette nelle loro iridi scure e l’alba cresce quindi fuori e dentro loro. Il sole è ancora timido, ma tale è la sua bellezza da non poter essere nascosta, ed ecco che si perde quindi dei pezzi qua e la, come piccoli tesori che raccolgo con gioia.

Questi momenti sono scintille di fiammiferi che accendono l’anima. Sebbene svaniscano in fretta, sono abbastanza per ravvivare il falò dentro di me. Con questo incentivo lego i cavalli che ci servono alla palizzata dove sereni si godono le attenzioni che io e i miei colleghi gli dedichiamo.

Ognuno di loro riempie l’attesa degli ospiti a modo suo: alcuni cavalli più giovani si intrattengono andando a curiosare tra la scatola posizionata di fronte a ciascuno di loro e dove si trovano le loro spazzole e accessori per il grooming. Spesso sparpagliano il contenuto per terra e aspettano che uno degli umani raccolga il tutto, mentre loro ridono sotto i baffi.

Altri cavalli, più anziani e maturi, semplicemente si rilassano, lasciandosi andare in un limbo tra il sonno e la veglia, preservando le energie.

Ed ecco che spuntano in lontananza le prime figure, gli ospiti stanno arrivano…ci salutano sorridenti e danno il buongiorno agli amici quadrupedi con carezze e parole gentili, è un piacere essere spettatore di questo breve momento di tenerezza, prima che tutti montino in sella e la passeggiata inizi.

Dopo pochi minuti tutti quanti hanno preso posto a cavallo e siamo pronti per partire. Io e il mio compagno equino partiamo al passo, aprendo la fila di binomi dietro di noi.

L’atmosfera fuori è serena: farfalle levitano nell’aria, il vento smuove l’erba come se volesse salutarci e piccoli insetti sono indaffarati sul suolo. I richiami degli uccelli ci danno il benvenuto nella savana africana, che si risveglia dopo la notte appena trascorsa.

Alcune scintilli arancioni spiccano tra i cespugli scuri, ecco gli impala, alcune delle antilopi più comuni in Africa.

Attraversiamo la mandria e li saluto. Non servono parole, solo occhi che si incrociano.

Essendo delle prede, sono in constante stato di allerta e ci osservano ponderando i potenziali rischi dovuti alla nostra presenza, ma le positive esperienze passate li rendono sereni in nostra compagnia.

Alcuni non badano poi più di tanto a noi e dopo un primo accertamento continuano le loro faccende indisturbati, eventualmente lasciandoci un po’ di spazio. Altri si azzardano un po’ di più e incuriositi ci fissano.  Guardo nei loro occhi scuri, profondi: chissà cosa pensano in quel momento. Ogni sguardo è un poema di vita che non serve recitare a voce alta.


Gli zoccoli scandiscono il tempo, picchiettando il suolo. È ora di trottare. Se prima erano ancora mezzo addormentati, ora i cavalli si risvegliano, felici di liberare l’energia accumulata nella notte. Mi volto e controllo che stiano tutti bene: una fila di facce sorridenti mi rassicura. Ancora un minuto di trotto, poi transitiamo al passo.

Il sole sale nel cielo, cominciando a riscaldarci. Ma abbiamo ancora tanto da fare: tanto da esplorare e scoprire, e tanta vita da assaporare. Do quindi inizio a un galoppo libero e aperto, non rinchiuso tra i quattro lati del campo. La terra è sabbiosa e morbida, puoi sentirla implorarti di  galoppare tanto è perfetta per questa azione. Tutto si riduce a te, il cavallo e la strada, la manifestazione di tre mondi connessi in un’unico momento di gioia.

Anche se solo per pochi minuti, ci si diverte tanto.


E la passeggiata continua così, alternando incontri speciali con giraffe, gnu, zebre ed altri animali ai brividi del trotto e del galoppo.

Due ore e mezza passano svelte e presto siamo di nuovo alla stalla. Tra ondate di coccole e premietti, disselliamo i cavalli e li lasciamo a godersi il resto della giornata nel grande paddock dove vivono allegramente tutti insieme.

Saluto i miei ospiti e torno in camera mia, chiudo la porta dietro di me.

Qui smetto di essere una guida naturalistica e ritorno ad essere una semplice ragazza di 25 anni che al momento ha solamente voglia di mangiarsi un panino con la marmellata/nutella. Mentre faccio colazione ho però la consapevolezza che là fuori c’è una realtà dove posso essere più che questo, più di una persona che mangia un panino. E c’è più di un panino da gustare, ci sono tanti mondi meravigliosi e più importante ancora tante porte per raggiungerli.

Ognuno di noi ha una porta a transito per i suoi sogni, bisogna solo scegliere dove andare.


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